Il contesto demografico italiano mette in luce condizioni di marcato declino, con una diminuzione di popolazione residente iniziata nel 2015 accompagnata da un costante aumento dell’età media. Questo fenomeno si riflette anche sugli imprenditori: in Italia il 19,3% degli imprenditori e lavoratori autonomi con dipendenti ha 60 anni e più, una quota di 2,6 punti superiore alla media UE a 27 del 16,7%, inferiore a quella della Germania (21,5%) ma più alta rispetto a quella di Spagna (14,9%) e Francia (13,0%). Età dell’impresa, età degli imprenditori e dimensione sono fattori che si intrecciano e si correlano, intensificando la domanda di passaggio generazionale. L’analisi è contenuta in una elaborazione dell’ufficio studi di Confartigianato.
Le imprese familiari
La presenza di imprese familiari in Italia è elevata: i tre quarti (75,2%) delle imprese con 3 e più addetti è rappresentato, infatti, da imprese controllate da persona fisica o famiglia. Il peso delle imprese controllate da persona fisica o famiglia è direttamente correlato con la dimensione: tocca il massimo di 78,2% tra le micro imprese con 3-9 addetti ed il minimo di 32,8% tra le imprese più grandi con 500 addetti ed oltre.
Il periodo del passaggio generazionale
L’8,8% delle imprese controllate da persona fisica o famiglia è già stata interessata dal passaggio generazionale nei 6 anni tra 2013 e 2018, mentre per l’11,8% è terminato o sarà possibile nei 5 anni successivi alla rilevazione, tra 2019 e 2023, con un ritmo di 42 passaggi al giorno di aziende tra generazioni di imprenditori.
I fattori di ostacolo al passaggio generazionale
Il passaggio generazionale appare un cambiamento delicato, con il 51,3% delle imprese controllate da persona fisica o famiglia che segnala la presenza di fattori di ostacolo, tra i quali prevalgono le difficoltà burocratiche, legislative e/o fiscali (16,9%), le difficoltà nel trasferire competenze e/o contatti con clienti e fornitori (14,0%) e difficoltà economiche e/o finanziarie (13,5%); più contenuti i conflitti familiari (4,6%) mentre l’assenza di eredi o successori interessati e/o qualificati si rileva nel 16,9% dei casi.
Le conseguenza del passaggio generazionale
Tra le imprese che hanno affrontato un passaggio generazionale nei 7 anni tra 2013 e 2019 è netta la continuità imprenditoriale in termini di proprietà: il 93,1% dei passaggi vede il mantenimento e rafforzamento del controllo della famiglia proprietaria o controllante (73,3% di mantenimento del ruolo e 19,8% rafforzamento) mentre il restante 6,9% registra una riduzione del controllo della famiglia o addirittura la perdita (3,9% di riduzione del ruolo e 3,0% di perdita). Per le MPI il 93,0% registra il mantenimento del controllo (73,2% lo mantiene ed il 19,8% lo rafforza) mentre il restante 7,0% riduce o perde il ruolo (3,9% lo riduce e 3,0% lo perde).
Entrando nel dettaglio si apprezzano invece delle peculiarità territoriali nella composizione del dato complessivo di mantenimento o rafforzamento della proprietà per il totale delle imprese in esame: il mantenimento del ruolo della famiglia primeggia, toccando le quote più alte in Liguria (83,8%), Molise (81,2%), Veneto (80,1%), Friuli-Venezia Giulia (78,2%) e Abruzzo (77,1%) mentre il rafforzamento della posizione della famiglia è particolarmente intenso in Sicilia (31,2%), Provincia Autonoma di Trento (28,8%), Puglia (24,3%), Campania (24,1%) e Lazio (22,0%).
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