Recentemente il Consiglio dell'Unione Europea ha autorizzato l'Italia ad adottare il cosiddetto “Split Payment”, quale misura antielusiva giustificata dal riscontro di “considerevoli fenomeni di evasione fiscale per quanto riguarda le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a favore delle pubbliche amministrazioni”. L'autorizzazione è temporanea in quanto trova applicazione dall'1 gennaio 2015 al 31 dicembre 2017 ed è tuttavia subordinata alla presentazione alla Commissione UE, da parte dell'Italia, di una relazione sulla situazione generale dei rimborsi IVA ai soggetti passivi “entro 18 mesi dall'entrata in vigore della misura di deroga sul territorio nazionale”, ossia entro il 30 giugno 2016 e al fatto che l'Italia ha “assicurato che non chiederà il rinnovo dell'autorizzazione alla misura di deroga”. Secondo il Consiglio il rinnovo non dovrebbe essere richiesto posto che dal 2014 è stato introdotto l'obbligo di utilizzo della fatturazione elettronica per le cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti della PA con la conseguente possibilità di “controllare adeguatamente il settore interessato […] sulla base dei dati disponibili per via elettronica”.
Con questa Decisione l'Unione Europea ha risolto la mora legislativa che sovrastava la legge Finanziaria 2015, che ha introdotto il cosiddetto “split payment”. Una norma che prevede un innovativo metodo di versamento dell'IVA, per le cessioni di beni, o prestazioni di servizi, effettuate nei confronti di Enti pubblici che “non sono debitori d'imposta ai sensi delle disposizioni in materia d'imposta sul valore aggiunto”. In particolare, con l'intento di contrastare l'evasione dell'IVA in sede di riscossione, i predetti soggetti sono tenuti in ogni caso a versare l'IVA agli stessi addebitata direttamente all'Erario e non al fornitore.
Si rammenta che lo “split payment” non trova applicazione da parte dei lavoratori autonomi che prestano servizi assoggettati a ritenuta alla fonte.