Crescita dell’inflazione del 2,5% trascinata da un incremento eccezionale dei prezzi energetici: + 20,2%. Un fardello insostenibile per famiglie e imprese. E’ l’Istat a certificare con i numeri una situazione già chiara da settimane, se non mesi.
Nel confronto internazionale proposto dall’Ocse, relativo al mesi di agosto, l’Italia registra un peso della componente energetica sul tasso di inflazione di 1,6 punti, superiore rispetto a Germania (1,2 punti) e Francia (1,0 punti).
Le Mpi nella bolla del gas
Sul trend dei prezzi energetici preme l’escalation di quelli del gas. Prosegue la fase rialzista sui mercati del gas naturale che ha portato le quotazioni ai massimi storici, su livelli cinque volte più alti rispetto allo scorso anno. Nel 2021 la condizioni economiche per una famiglia tipo sono del 22,2% superiori a quelle del 2020, da cui si stima un maggiore costo, a parità di consumi, di 3,6 miliardi di euro.
Il peso sul fatturato del costo di acquisto del gas è più elevato per i settori della metallurgia, del vetro ceramica e prodotti per l’edilizia, della carta e della chimica, nel cui perimetro operano oltre 27 mila imprese, che danno lavoro a 169 mila addetti. La bolla del gas colpisce anche le imprese di autotrasporto che utilizzano il Gnl (Gas naturale liquefatto).
I sistemi di piccola impresa sotto pressione
Focalizzando l’attenzione sul settore della fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi, l’impennata dei costi di acquisto di gas mette maggiormente sotto pressione i sistemi territoriali che associano una più alta numerosità di imprese con una maggiore specializzazione delle Mpi. In questi comparti le imprese devono produrre per far fronte a contratti chiusi nei mesi precedenti con prezzi di vendita che non incorporavano lo shock del prezzo di acquisto del gas; ne consegue una riduzione del valore aggiunto, un pesante effetto recessivo che frena la ripresa, nonostante le attese sugli ordinativi per le imprese del settore vetro, ceramica e cemento siano ai massimi dalla fine del 2000.
Le cause
Sull’escalation dei prezzi del gas agiscono numerose concause. Ai fattori stagionali, legati ad un inverno 2020/21 più rigido, si associa la correlazione con l’ascesa dei prezzi del petrolio, l’aumento delle quotazioni internazionali del Gnl influenzate dalle strozzature dell’offerta e dalla forte crescita del costo del trasporto marittimo conseguenti alla pandemia. Influiscono, inoltre, i movimenti speculativi, la riduzione del livello delle scorte, le criticità temporanee nel transito del gas dalla Norvegia e dalla Russia e la ripresa della domanda: nei primi sette mesi del 2021 i consumi da gas nei paesi Ocse salgono del 3,5%. La domanda mondiale è rafforzata dalla crescente sostituzione di carbone con gas nelle maggiori economie emergenti manifatturiere, come Cina e India. Le interazioni con il mercato dell’energia elettrica sono consistenti: l’Italia registra una quota di elettricità prodotta con il gas pari al 48,3%, più del doppio del 19,6% della media Ue a 27.
L’Italia registra una elevata dipendenza all’estero per il gas, con un peso delle importazioni nette (import-export) sull’energia disponibile del 95,1% a fronte dell’89,7% della media Ue. Negli ultimi 12 mesi le importazioni di gas tornano a superare i 10 miliardi di euro.
L’analisi geopolitica dell’import di gas evidenzia la Russia al primo posto per valore delle forniture all’Italia di questa commodity, con il 46,4% delle importazioni dei primi sei mesi del 2021, davanti ad Algeria con 33,0%, Qatar con 8,6%, Libia con 5,0%, Stati Uniti con 1,9%, Norvegia con 1,1% e ad altri tredici paesi per il restante 4,1%.