Un rapporto di Confartigianato rileva che tra gli ostacoli alla competitività della nostra economia vi è l’alto costo del lavoro che su 4.383.544 imprese pesa per 376 miliardi l’anno, una cifra pari al 14,2% del fatturato e al 59,7% del valore aggiunto prodotto dalle aziende.
A gonfiare il costo del lavoro è la pressione fiscale: secondo le rilevazioni di Confartigianato, la tassazione sul lavoro di un dipendente single senza figli con retribuzione media è del 46,9%, vale a dire il 12 per cento in più rispetto alla media dei Paesi Ocse che si attesta al 34,9%. Una percentuale che pone l’Italia al quinto posto tra i 34 Paesi avanzati dell’Ocse con il cuneo fiscale più oneroso.
La differenza rispetto alla media dei Paesi Ocse non cambia di molto, attestandosi al 12,3%, se si prende in considerazione la tassazione sul salario di una coppia con due redditi e due figli: la percentuale del cuneo fiscale è del 42,1%, cioè il 12,3% in più rispetto alla media Ocse del 29,8%. In questo caso il cuneo fiscale italiano diventa il terzo più alto tra i paesi Ocse e si allarga ulteriormente il divario dell'Italia rispetto al valore medio.
Sono dunque le imprese più piccole a pagare il conto più salato: per quelle con meno di 50 addetti il costo del lavoro ammonta a 173,2 miliardi di euro ed è pari al 51,6% del valore aggiunto.
Tra il 2003 e il 2009 l'incidenza del costo del lavoro sul valore aggiunto creato dalle imprese fino a 50 addetti è aumentato del 10,7%, passando dal 40,8% al 51,6%. Nello stesso arco di tempo, per le imprese medio-grandi l'incremento è stato inferiore (+6,6%).